Fosca è l'alba, ed in tempesta
tuona il cielo e rugge il mar;
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Mira e compiangi nella sua sventura,
Popol d'Italia, dúna madre il cuor
E d'un figliolo sulla fronte pura
Posa la palma verde dell'allor.
Michele è morto! Il rubicondo ,viso
più non ritorna i cari a rallegrar;
Più non ritorna il dolce suo sorriso
Al Patrio suolo, al vecchio casolar.
Fosca è l'alba ed in tempesta,
tuona il cielo e rugge il mar,
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Nonna ! Dell`armi il sibilo s`udiá
Quando il tuo figlio se n'andò lontano;
tu l'accompagnasti sulla via;
"Torna-dicesti-ma parlavi invano! "
Più non ritorna! scomparì tra il suono
Delle guerresche tube e tra lo schianto.
Come era triste in quell`aurora il tuono!
Come ai padri e alle madri amaro il pianto!
Fosca è l`alba ed in tampesta,
tuona il cielo e rugge il mar,
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Azzurri gli occhi aveva, il capo biondo
come sua madre; nobile l`aspetto,
alta la fronte e viso ancor giocondo,
aveva un cuore d`oro di giovinetto.
Chiamato all`armi, se n'andò, cantando
con la più balda e ardente gioventù.
Via! Per la Patria, a insanguinare il bando!
Via! per l'Italia, a palpitar lassù!
Fosca è l'alba ed in tempesta,
tuona il cielo e rugge il mar,
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Ma, allor che tace dei fervidi carmi
L'eco suona! appena appena il cuore
solo rimane tra il fragor dell'armi,
anche talora anche il più bel riso muore.
Quando sui monti va fischiando il vento
e tùrbina nel ciel gèlida neve,
piange il soldato! Ed un sommesso accento
vola per láura bianca, lieve lieve.
Se quell'accento aver potesse lále,
volerebbe ad un materno cuor lontano.
ma si disperde come cosa frale
ma si confonde in un sospiro arcano...
nella tormenta come cosa debole qualunque.
Povero figlio! ( lo ripete il monte,
lo ricorda la valle ancor laggù):
chinò Michele un dì la bianca fronte,
bacio' la terra e non sorrise più.
Stanco di sognare, tra i disagi e il gelo,
ai suoi fioriti campi ripensando,
volse lo sguardo sconsolato al cielo,
la vita chiese, scongiurò tremando.
O dolce tempo! O avventurati
che già trascorsi nel mio suol natio!
Vaga chiesetta, cari prati adorni,
azzurro cielo del Paderno mio!
O genitori, o mio fratel lontano,
quando felice ancor vi rivedrò?
O casolar, cui sempre penso invano,
lungi da te io dunque morirò?
Ahi! Michele dal suo tetto
sorridente si partì;
ma, lontano, al poveretto
il sorriso in cuor morì.
Più non li vide! E pianse il buon figliuolo,
che pria sì lieto e sì ridente fu;
sotto altri cieli, immensamente solo,
" Baciò la terra e non sorrise più."
Oh! di Gorizia plaghe insanguinante,
Carso, Bainsirza, tombe di dolor,
che nelle meste sere ti cantate
l'eco commossa d'un sublime amor.
Beh! ci narrate degli eroi le glorie,
come il sorriso si cambiò in sospir,
e il sussultar dell'epiche vittorie,
e il pianto dei figlioli in sul morir.
Fosca è lálba e in tempesta,
tuona il cielo e rugge il mar;
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Passa un convoglio per le rie contrade.
Michele, oh nonna, è fatto prigionier:
egli è tradotto, per notturne strade
là dove piange e non lo puoi veder.
Piangi Michele! Per la tua dimane
altro non resta che un barbaro suol,
piccola cella e scarsitàs di pane,
per te, che tanto amavi i campi e il sol.
Oh! Nell'Italia il sole sorrideva,
il sole dei tuoi padri e del tuo amor,
il sole che gioconda, il sole che crea,
che cangia in frutto il variopinto fior.
Fiore, reciso al turbinar del vento,
che mesto te ne muori in sulla sera;
prima di fare il suo frutto, perchè morì mentre,
o giovanile eterno riso spento, si era ancora sposato,
mentre sognavi ancora la primavera.
Io ti saluto, sul chinto stelo
fiore reciso! bello sei così!
Ergi la tua corolla incontro al cielo,
se in questa terra triste illanguidì.
Tu sei caduto! Un' ombra or vedo o parmi,
per Modena vagare sconsolata:
Tua madre, guarda! trà i gelati marmi andare in cerca del suo figiolo a Modena, dove morì.
Per rivederti, o figlio, è ritornata
Ma, dove sei figliolo? Oh! non lo scorgi,
siccome fiamma vagabonda e pia
te ricercar? deh! Dalla tomba sorgi;
ella è tua madre! ella è nonna mia.
Fosca è l'alba ed in tempesta
tuona il cielo e rugge il mar;
siede e piange tutta mesta
una madre al focolar.
Tu sei caduto! ma dal ciel supremo,
dove d'intatto raggio brillerai,
mira la terra ed il suo moto alterno
di poche gioie e sempiterni guai.
Guarda, o Michele, al saggio tuo fratello,
che un dì lontano ti diceva "addio",
"addio" per sempre! e il nostro campicello
ancor ricorda il vostro riso pio! E tante volte risero insieme.
Guarda tuo padre che t'aspetta ancora,
alle sorelle guarda, di lassù;
mira alla madre tua, che ad ogni aurora,
cerca col guardo chi non torna più.
E risorridi! ... A lei che incanutita
or sulle soglie della tomba sta;
ah mamma tua, che, dal dolor contrita,
solo nel Cielo ormai ti rivedrà.
Proff. Don Antonio Reginato ( Docente universita' di Pisa )
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